Quando Roma diventa Capitale del Regno d’Italia, nascono rapidamente nuovi quartieri oltre le mura aureliane, Il quartiere Parioli è fra i primi quindici sorti a Roma nel 1911 ed ufficialmente istituiti nel 1921. La costruzione di viale Parioli prevede, lungo la strada, la costruzione di eleganti villini. Il viale Parioli, prolungato a viale Liegi, viene concepito come una “passeggiata di città”, con pista-galoppatoio laterale all’ombra degli alberi. Nei primi anni del Novecento si allungano i viali Tiziano e Pilsudsky, sempre concepiti come passeggiate per la nascente borghesia. In quegli anni lo sviluppo edilizio del quartiere era legato al nome di Edmondo Sanjust di Teulada. Nel 1909 l’urbanista, nella relazione al suo piano, stabilisce che non sarebbero sorti grandi edifici, ma solo ville e villini con grande estensione di giardini. Il quartiere fu completato durante gli anni Cinquanta. L’attuale quartiere si è sviluppato, grossomodo, dagli anni ’10 agli anni ’50, costruito in buona parte per ospitare i gerarchi del regime Fascista. Con il piano regolatore del 1965 ai Parioli, come in altri quartieri della “periferia storica” si possono aumentare superfici e volumi del 30%. Demolendo e ricostruendo si arriva invece a ricavare spazi aumentati anche del 100%. A ciò si aggiunga il mutare della destinazione d’uso delle unità abitative.
Il quartiere si sviluppa con un tessuto edilizio di palazzine con finiture di pregio, tutte con rivestimenti in pietra e cortina, di cui l’edificio in questione è un particolare esempio.
Saranno eseguiti nel rispetto del “minimo intervento”, limitandosi all’essenzialità dell’intervento, anche nell’eventualità dell’integrazione, onde non compromettere il “testo” nella sua valenza documentaria, sono escluse quindi operazioni invasive di rimozione e reintegrazione, se non ritenute necessariamente indispensabili; “reversibilità dell’intervento”, ossia della possibilità di rimuovere, le eventuali aggiunte e integrazioni introdotte con l’intervento di restauro conservativo;
“compatibilità fisico-chimico” con gli antichi materiali dei prodotti che la tecnologia attuale offre; della “distinguibilità” delle eventuali integrazioni, differenziandone i materiali rispetto ai manufatti originali; della “salvaguardia dell’autenticità storicamente determinata in tutte le sue stratificazioni”. Tutte le operazioni conservative di pulitura, consolidamento e protezione sono state eseguite secondo i criteri sopra esposti e tenendo come riferimenti orientativi le Raccomandazioni NORMAL.
Il recupero dell’intonaco avverrà con la pulitura e il consolidamento limitando le integrazioni o le sostituzioni alle sole parti estremamente ammalorate in fase di distacco accentuato e quindi non più affidabili, per le quali viene ripristinata la portanza del supporto. L’intervento di restauro consiste nel rimuovere le forme di degrado osservate sulle superfici indagate, in generale dovute all’interazione del materiale con gli agenti atmosferici e all’assenza di adeguate operazioni di manutenzione. Per la pulitura delle pitture inorganiche si privilegiano i sistemi ad acqua erogata a moderate pressioni e, data la caratteristica porosità del materiale, è importante limitare la quantità d’acqua durante i lavaggi, per evitare pericolosi assorbimenti che porterebbero ad infragilire ulteriormente gli strati. Il risultato della prima pulitura consente di osservare meglio i materiali costitutivi, lo stato di conservazione dei materiali e gli interventi di restauro eseguiti nel passato.
Si prevede inoltre la revisione completa di tutte le fasce marcapiano, nonché la ricostruzione di parti mancanti.